La tinca disse al luccio: – Vai più la mia testa che il tuo buccio. – Buccio per busto, licenza poetica, per far la rima. Poi c’è il proverbio: «Tinca di maggio e luccio di settembre».
Fate un battutino con tutti gli odori, e cioè: cipolla, aglio, prezzemolo, sedano e carota; mettetelo al fuoco con olio e quando avrà preso colore, versate le teste delle tinche a pezzettini e conditele con sale e pepe. Fatele cuocer bene, bagnandole con sugo di pomodoro o conserva sciolta nell’acqua, poi passate il sugo e mettetelo da parte. Nettate le tinche, tagliate loro le pinne e la coda e così intere, ponetele al fuoco con olio quando comincia a soffriggere. Conditele con sale e pepe e tiratele a cottura col detto sugo versato a poco per volta. Potrete mangiarle così che sono eccellenti; ma per dare al zimino il suo vero carattere ci vuole un contorno d’erbaggi, bietola o spinaci a cui, dopo lessati, farete prender sapore nell’intinto di questo umido. I piselli pure vi stanno bene. Anche il baccalà in zimino va cucinato così.