La Marietta è una brava cuoca e tanto buona ed onesta da meritare che io intitoli questo dolce col nome suo, avendolo imparato da lei.
- Farina finissima, grammi 300.
- Burro, grammi 100.
- Zucchero, grammi 80.
- Uva sultanina, grammi 80.
- Uova, uno intero e due rossi.
- Sale, una presa.
- Cremor di tartaro, grammi 10.
- Bicarbonato di soda, un cucchiaino, ossia grammi 5 scarsi.
- Candito a pezzettini, grammi 20.
- Odore di scorza di limone.
- Latte, decilitri 2 circa.
D’inverno rammorbidite il burro a bagno-maria e lavoratelo colle uova; aggiungete la farina e il latte a poco per volta, poi il resto meno l’uva e le polveri che serberete per ultimo; ma, prima di versar queste, lavorate il composto per mezz’ora almeno e riducetelo col latte a giusta consistenza, cioè, né troppo liquido, né troppo sodo. Versatelo in uno stampo liscio più alto che largo e di doppia tenuta onde nel gonfiare non trabocchi e possa prendere la forma di un pane rotondo. Ungetene le pareti col burro, spolverizzatelo con zucchero a velo misto a farina e cuocetelo in forno. Se vi vien bene vedrete che cresce molto formando in cima un rigonfio screpolato. È un dolce che merita di essere raccomandato perché migliore assai del panettone di Milano che si trova in commercio, e richiede poco impazzamento.